DICEMBRE 2020 A "FABIO PERVERSI E 45 ANNI DI MATIA BAZAR" A CURA DI ROSSELLA BIASION

Ciao amici di Almax! E' con grande piacere che vi propongo l'intervista a Fabio Perversi, polistrumentista leader dei Matia Bazar. Sono trascorsi ben 45 anni dalla fondazione dello storico gruppo. Una band in continua evoluzione, che ha in serbo altre sorprese.

45 anni di Matia Bazar e Fabio Perversi si è battuto come un leone, per portare avanti e tenere sempre alto il nome della storica band.

45 anni di attività non sono briciole, sfido chiunque artista a poter sostenere un così tanto tempo di attività artistica: è veramente difficile soprattutto in questi ultimi anni. E' ancora più difficile per noi, avendo subito tante sostituzioni, tanti cambiamenti. Ma cos'è che rimane? Rimane il fatto che quello dei Matia Bazar, sia un repertorio incredibilmente conosciuto e grandioso, che ci ha permesso di essere famosi in tutto il mondo. In questi anni c'è stato un rinnovamento con una nuova formazione, nuovi obiettivi e tanta voglia di fare, nonostante ci siano state e ci sono tuttora critiche di tutti i generi, ma a mio avviso le critiche, sono rivolte al positivo e servono a crescere. In questi 45 anni, sono successe veramente tantissime cose, siamo riusciti comunque sempre a imporre il nostro obiettivo, che era quello di fare musica e fare musica con la emme maiuscola e come lo fai? Lo fai con le canzoni, perché ovviamente il nostro lavoro è quello di produrre successi, di produrre comunque musica e di arrivare al cuore delle persone e penso che, se la band rimane ancora non solo nei 45 anni, ma anche in futuro, vuol dire che il lavoro fatto è un lavoro sicuramente positivo e che ha colpito le persone, soprattutto i numerosi fan che ci seguono.

Facciamo qualche passo indietro: com'è nato il tuo incontro con i Matia Bazar.

E' nato più o meno intorno al 1998, anzi, io collaboravo già con Piero Cassano dal '94 al '95, ero arrangiatore nei suoi progetti internazionali. Dopo questo grande eco che lui ha avuto con la produzione di Eros Ramazzotti, in tanti lo chiamavano per produrre sia artisti, che canzoni in generale. Per cui, io ho iniziato a lavorare a stretto contatto con lui quotidianamente e nel momento in cui purtroppo, è venuto a mancare Aldo Stellita, Giancarlo e Piero si sono ritrovati e hanno voluto continuare la natura dei Matia Bazar, nonostante Piero mancasse dalla band dal 1980. Cosa è successo? La svolta è avvenuta con una chiamata di Piero a metà del '98, che mi contattò all'inizio per seguire la parte artistica dei Matia Bazar, ma poi, vista la mia giovane età e visto comunque anche l'aspetto fisico, entrambi mi hanno detto: “Perché non entri nei Matia Bazar?”. Ovviamente, non gli ho fatto nemmeno finire la domanda, che ero già in studio con i miei strumenti, per cercare di lavorare subito e fare un incontro con Giancarlo, che io all'epoca non conoscevo ancora. Per cui, Giancarlo si è fidato ovviamente della parola di Piero su quello che riguarda la mia professionalità. Da lì devo dire che appena l'ho incontrato, non ho neanche fatto un vero provino, perché ci siamo trovati in studio e abbiamo subito avuto questo feeling, che ci ha portato a fare tante bellissime cose. Ovviamente la mia vita è cambiata, perché da semplice musicista, entrare in un gruppo come i Matia Bazar, mi ha cambiato in tutti i sensi, anche a livello caratteriale, con più responsabilità, ancora con più voglia di imporre quella che era la mia figura, per cui, è stata una bellissima cosa.

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Foto Sandro Odoardi

Come hanno vissuto i Matia Bazar un anno particolare come quello che è stato il 2020?

Con tristezza, perché i Matia Bazar, come tutti gli artisti, hanno la loro massima esposizione quando salgono su un palco. E così: noi artisti, il nostro essere musicisti lo esprimiamo con il contatto col pubblico e siccome il contatto col pubblico in questo periodo è stato praticamente impossibile, perché gli assembramenti erano vietati per le note motivazioni, abbiamo sfruttato la tecnologia a nostro favore. Nel senso che non ci siamo fermati utilizzando tutte le piattaforme possibili e immaginabili. Quindi, non essendo a contatto fisicamente, lo siamo quasi quotidianamente tra le varie possibilità che sono Skype o Zoom, così da poterci vedere, parlare e progettare cose nuove e suonare anche. Perché, io dal mio studio di Milano, sono comunque in collegamento con le ragazze, con Piero Marras che ha il suo studio, in questo modo possiamo lavorare. Infatti, in questo momento, stiamo progettando il nuovo disco. Disco, beh, io sono ancora abituato a dire disco, progetto discografico e stiamo lavorando a brani nuovi, aspettando il momento in cui potremo poi riunirci e ovviamente, rappresentare quelle che sono state queste idee musicali su un palco. Questo però non lo so quando potrà essere fattibile, nel senso che, bisognerà vedere l'evolversi di tutte le restrizioni che ci sono e spero che siano sempre meno restrittive, in modo da avere la possibilità a marzo, aprile, maggio, di poter ritornare sul palco: non vediamo l'ora.

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Foto sandro Odoardi

Sebbene da qualche tempo, anche prima della pandemia, la musica in generale sia stata un po' bistrattata e poco tenuta in considerazione, noi Matia Bazar, siamo davvero conosciuti in tutto il mondo per le nostre produzioni e sentirsi un po' così, trattati come l'ultima ruota del carro, a me non è piaciuto. Capisco che il Governo ha mille problematiche, però anche nei Decreti vari, anche quando il Presidente del Consiglio Conte parlava, la musica forse l'ha citata una volta su dieci incontri che ha fatto con il popolo. Adesso qualcosa si sta muovendo, perché vedo che il Ministro Franceschini, comunque ha dato disposizione a erogare dei fondi per aiutare sia il teatro che la musica, ma anche tutti gli addetti ai lavori, perché ricordiamoci che non ci siamo solo noi artisti, ma ci sono anche tutte quelle persone da considerare alla stessa stregua degli artisti. Sto parlando di coloro che ti permettono di montare un palco per poi eseguire il tuo concerto, di coloro che procacciano il lavoro per gli artisti, di coloro che guidano i camion. C'è un'industria dietro alla musica ed è questo che mi ha fatto male al cuore: non essere valorizzati da chi al Governo invece dovrebbe fare.

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Foto Sandro Odoardi

Torniamo a cosa bolle in pentola nel 2021.

Una nuova produzione discografica e anche una nuova figura, che farà parte dei Matia Bazar. Perché, io voglio sempre cercare di non essere comune e dare sempre delle novità. E come? In questo caso, acquisendo una nuova figura che è un altro batterista. Sarebbe stato semplice aggiungere un chitarrista, aggiungere un tastierista, ma la doppia batteria è sempre stato un mio sogno: poter salire su un palco e vedere due batteristi, che riescono a unire le proprie forze, i propri ritmi, a favore di quello che è un discorso di Matia Bazar.

Questo personaggio si chiama Lallo Tanzi ed è un mio amico da più di trent'anni. Perché questo? Perché io vorrei cercare il più possibile, quando si potrà ritornare a suonare, di evitare tutti gli aiuti tecnologici, per cui, vorrei rendere sempre più live al 100% il nostro concerto. Adesso, come tu ben puoi sapere, tanti artisti, ma compresi noi, hanno il supporto di tecnologia, di sequencer, che ovviamente vanno a concludere un arrangiamento. Nel nostro caso, cinque persone sul palco, sarebbe un pochino difficile da realizzare. Questa doppia batteria, mi porta a togliere delle percussioni, a togliere dei groove, che danno comunque un mondo a ogni canzone e renderli proprio live, con l'incastro tra queste due figure batteristiche. E questa è un'altra novità, poi, è bellissima l'immagine sul palco di queste due batterie illuminate in un certo modo, che si scambiano i ritmi, che interagiscono, è veramente bello. Non ho fatto ancora una presentazione ufficiale dell'entrata del nuovo batterista, però praticamente lo è.

Un uccellino ci ha spifferato che Piero Cassano potrebbe tornare a comporre per i Matia Bazar.

Piero Cassano non è mai stato fuori da quello che è un discorso Matia Bazar in generale. Si era ritirato spontaneamente da un percorso live, per la sua età, per la voglia di dedicare un po' di tempo tolto alla famiglia. In questo momento, siamo comunque in stretto contatto e sicuramente stiamo parlando di collaborazioni, che sono ovviamente sul lato compositivo e di produzione. Non è escluso anche, qualche regalo che lui ci potrà fare, comparendo in qualche ospitata, qualche live che potremo fare in futuro anche sul palco. Mi piacerebbe tanto invitarlo anche solo per un brano, sarebbe una cosa molta bella, a parte la riunione mia e sua su un palco, ma soprattutto per l'amicizia che ci lega e perché io comunque a Piero devo tanto della mia vita artistica. Per cui, non voglio perdere di vista questo obiettivo, che è quello di poter di nuovo collaborare.

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Foto Sandro Odoardi

Descrivici con un aggettivo ogni componente del gruppo.

Piero Marras: un ragioniere della musica. Secondo il mio punto di vista, oltre a essere un grande chitarrista è una persona molto razionale e molto inquadrata.

Luna Dragonieri: la nostra cantante: eclettica, veramente eclittica.

Paola Zadra: è la classica persona come dice il detto: “Il buon vino sta nella botte piccola”. Lei è uno scricciolo, piccolina, ma è molto, molto valida: è completa.

Fiamma Cardani: il motore del gruppo, per cui anche lei molto razionale e precisa.

Invece Fabio Perversi?

Io sono un pazzo, anche se il mio carattere e chi mi conosce lo sa, è molto riservato, ma sono veramente un pazzo, da un momento all'altro sono una bomba a orologeria: un folle. Solo un pazzo come il sottoscritto, può approcciarsi con quattro figure totalmente sconosciute a un esame, perché alla fine siamo sempre sotto esame.

Come ti sei avvicinato alla musica e quando hai capito che sarebbe diventata la tua professione?

Ancor prima di nascere, perché provengo da una famiglia di musicisti. Mio padre ha girato il mondo esibendosi con la musica classica, mia mamma era una cantante lirica, che poi ha abbandonato la sua carriera per dedicarsi totalmente alla famiglia. Insomma, ho respirato musica da subito, anche se il mio approccio è stato relativamente in tarda età, nel senso che avevo undici anni. All'inizio io avevo un po' una repulsione per la musica, forse perché essendo ancora piccolo, avevo voglia di giocare e non m'interessava la musica. Poi, dalla prima media, mio padre mi aveva iscritto alla scuola media, annessa al conservatorio, per cui da subito ho iniziato a studiare violino. Circa un anno dopo, ho iniziato a suonare il pianoforte, ero attratto da questa musica pop che girava un po' in casa grazie ai miei fratelli che mi facevano ascoltare i Beatles, i Rolling Stones, i gruppi importanti, ero attratto da queste melodie. Questo era un po' contro il volere di mio padre, che voleva facessi una carriera come la sua: totalmente classica, invece ero attirato soprattutto dalla musica americana. E da lì poi, ho approfondito e sono andato avanti. Mi sono diplomato, adesso si dice laureato, in violino, poi ho fatto un corso di alto perfezionamento per arrangiatori, che si teneva a Saluzzo in Piemonte. Da lì ho iniziato le collaborazioni come turnista ed è partito il treno.

Foto Antonello Errica

Foto Antonello Errica

Se non avessi fatto il musicista, quale carriera ti sarebbe piaciuto intraprendere?

Il calciatore: mi dicevano che ero davvero bravo e ho giocato anche a buoni livelli. Adesso le mie soddisfazioni nel mondo del calcio me le prendo, perché abbiamo una squadra dove io gioco insieme a ex giocatori di serie A, soprattutto filo interisti, facciamo molta solidarietà. Per cui, in questo momento a livello calcistico mi sento appagato, perché gioco con ex calciatori, che all'epoca quand'ero giovane, andavo a vedere allo stadio. Ho ricevuto anche degli ottimi complimenti da Bergomi, da Baresi, per cui sono soddisfatto. Diciamo che se non avessi fatto musica, qualcosa nel calcio avrei fatto, perché mi piaceva ed è una passione che ancora oggi quando posso la coltivo.

C'è una canzone nella tua carriera musicale a cui sei particolarmente legato e perché.

Sono legato a diversi artisti: uno su tutti però è Steve Wonder. La sua canzone “Overjoyed”, la prima volta che l'ho sentita mi ha fatto pensare che la musica è quello che avrei voluto fare nella vita. Una canzone fantastica, da pelle d'oca. Poi, sono legato a tante canzoni, una un particolare che mi ha fatto realizzare un sogno che avevo nel cassetto è “Messaggio d'amore”, grazie alla quale, abbiamo ottenuto la vittoria nel 2002 al Festival di Sanremo.

Foto Maurizio Ballarin

Foto Maurizio Ballarin

Cosa ne pensi dei talent show e che consiglio daresti ai giovani che vorrebbero intraprendere la carriera musicale?
 

In questo momento, parlo degli ultimi dieci anni, l'unica possibilità per i giovani di farsi notare sono sicuramente i talent. Però, è una forma di pubblicità un po' strana, secondo me, perché tanti lo usano per diventare famosi. In realtà con la musica, l'approccio che devi avere è il cuore, la voglia di fare musica, non quella di essere riconosciuto dal giornalista, dal giornalaio o dall'amico quando vai a fare la spesa. Però purtroppo, tanti giovani pensano che si faccia musica, perché bisogna diventare famosi. Non vedo una bella cosa nei talent, soprattutto perché, spesso chi giudica non è proprio addetto ai lavori, non voglio fare nomi, ma farmi giudicare da una persona che è una valletta o da uno che si ritrova a fare delle feste a Milano o presentare Domenica In, non lo reputo giusto. E' un po' come se a MasterChef, fossi io a giudicare e non i cuochi: io cucino anche abbastanza bene, ma non ho le conoscenze tecniche per giudicare. Forse tra tutti questi, quello che potrebbe essere il più interessante è Amici, perché comunque c'è una sorta di storia: tu entri, hai un percorso, come se fosse una scuola. Gli altri talent, li vedo più un'opportunità per chi sta giudicando, anziché chi deve essere giudicato. Ti faccio un esempio: X Factor, forse mi sbaglio, ma è alla tredicesima o quindicesima edizione, ora non ricordo con esattezza, ma è una vita che c'è. Facciamo una classifica di quanti sono arrivati al successo. Ogni anno, vengono scremati i migliori di quella edizione, quindi come minimo, a stagione, almeno tre o quattro personaggi dovrebbero essere veramente i primi in classifica nella musica italiana. Io di questi partecipanti, me ne ricordo forse cinque e che abbiano avuto veramente tanto successo, forse tre. Allora secondo me, non è molto produttivo. Però, ovviamente questo è un mio modesto parere.

Un rimpianto.
 

In realtà, nella vita professionale bene o male il mio percorso è stato positivo, non tornerei indietro per fare una cosa diversa da quella che ho fatto. Sono contento di quello che ho fatto, sono contento di quello che sto facendo, spero anche di quello che farò. Ovviamente il futuro è un po' incalcolabile, però sono tranquillo con me stesso, sono tranquillo per quello che ho fatto e vissuto. Non ho rimpianti.

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Matia gruppo - Foto Antonio Carbone

Un desiderio che vorresti realizzare.

Musicalmente parlando io ho un sogno, anzi, ho due sogni nel cassetto. Uno è la possibilità di collaborare con due artisti che adoro: Steve Wonder e Sting, questo è un sogno che vorrei realizzare prima o poi. Perché, come ti dicevo, Steve Wonder con “Overjoyed” è stato quello che mi ha dato inconsciamente per lui e consciamente per me, la voglia di fare musica. Inoltre, il fatto di poter ritornare veramente a una normalità musicale, cosa che non vedo molto nell'imminente.

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  • Intervista a cura di Rossella Biasion
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