NOVEMBRE 2021: INTERVISTA AI FLEXUS A CURA DI ELISA PELLEGRINO

Amici di Almax, questo mese ospiti nella mia rubrica  i Flexus, ovvero Gianluca Magnani (voce, chitarra), Daniele Brignone (basso) ed Enrico Sartori (batteria).

Vantano numerose collaborazioni con importanti artisti del panorama nazionale sia in ambito musicale che teatrale. Le loro sonorità si rifanno alla nuova scuola d'autore con sfumature pop, rock e folk, toccando spesso temi sociali e culturali. Ecco cosa ci ha raccontato Gianluca Magnani.

  • Ciao Gianluca e benvenuto su Almax Magazine. Chi sono i Flexus? O meglio come potremmo “etichettare” la vostra musica?

“Potrei dirti che i Flexus sono una band di Carpi nata vent’anni fa, ma probabilmente sarebbe riduttivo perché in realtà la nostra storia è decisamente anomala. Ad oggi il gruppo ha alle spalle 7 album e più di mille concerti in Italia e all’estero, spettacoli teatrali, collaborazioni piuttosto inusuali e una miriade di progetti che ci hanno permesso di fare diventare il nostro gruppo un lavoro a tempo pieno.”

  • Fate musica da 20 anni, quanto è cambiato il modo dell’ascoltatore di “relazionarsi” con la musica?

“Non ci sono più i circuiti capillari di un tempo, quella miriade di locali che proponevano progetti inediti e anche, per certi versi, rischiosi. Nei primi anni del 2000 è sostanzialmente morta la discografia. Si è detto che gli artisti dovevano trovare la propria dimensione nel live. Ora le cose sono cambiate drasticamente anche in quel settore. Oggi la musica va cercata e sostanzialmente scelta più di prima. Noi abbiamo sempre cercato di sfruttare le possibilità tecnologiche del nostro tempo cercando di mantenere fisso il nostro approccio che è volutamente artigianale.”

  • Il vostro ultimo lavoro, uscito il 6 ottobre, si intitola "Le Orchestre non suonano più" : da un lato sembra significare la “fine” di un certo tipo di musica, dall’altro sembra “provocatorio”. Cosa volevate dire con questo titolo?

“E’ un titolo che si presta a più letture, da leggere con il sorriso sulle labbra che abbiamo in copertina. Racconta tanto di questo momento storico, ma in realtà arriva da un verso del primo brano del disco “Dancing La Playa”. Il riferimento è a quel mondo di orchestrali che riempiva le balere delle nostre zone. Penso a gruppi che negli anni 70 dovevano suonare per ore qualsiasi genere musicale e riuscire a fare ballare tutti. Erano spesso grandi musicisti che furono soppiantati dall’arrivo dei D.J. nei primi anni 80.

Ci sembrava che quel passaggio storico avesse delle attinenze con l’individualismo di oggi dove tanta musica viene creata, prodotta, distribuita e consumata passando solo attraverso un computer o uno smartphone. Noi paradossalmente abbiamo voluto lavorare controcorrente su un disco anacronistico coinvolgendo una banda di paese, una piccola orchestra d’archi, un coro di mondine e provando i brani collettivamente. C’è stata tanta sala prove e poca postproduzione. Anche le registrazioni sono state fatte come i dischi di un tempo: suonando insieme e concedendo a queste canzoni il lusso del tempo per portarle a una sorta di “compimento”. Abbiamo voluto fare un lavoro che fosse al massimo delle nostre possibilità.”

  • Nell’album troviamo alcune “collaborazioni”, mi riferisco al Coro delle Mondine di Novi e alla Banda Bignardi di Monzuno: cosa vi ha spinto ad “unirvi” e ad ”interagire” con queste “realtà” (che vanno tutelate perché fanno parte della nostra storia, del nostro passato)? Che valore aggiunto hanno dato al disco?

“La storia con il Coro delle Mondine di Novi non è improvvisata. E’ un rapporto lungo e continuativo, nato nel lontano 2009. Con loro abbiamo fatto centinaia di concerti, due videoclip, presentazioni di libri, organizzazione di Festival. Sono veramente una delle realtà più importanti della musica popolare italiana e poter lavorare con loro è sempre un onore. La canzone I pugni in tasca è stata scritta proprio per raccontare la storia di tre donne del coro: Diva, Lidia e Silva: tre fondatrici di questa realtà nel lontano 1972. E’ invece più recente la collaborazione con la Banda Bignardi di Monzuno. Con loro abbiamo voluto registrare E allora tu. Volevamo un tocco circense, un pò alla Nino Rota e questi bravissimi musicisti si sono fatti trascinare nel progetto.”

Flexus foto 01

  • Il videoclip dell’ultimo singolo, E Allora tu, uscito il 5 novembre, si apre a colpi di tuba, trombe e bombardino della Banda Bignardi di Monzuno. E’ girato su uno scuolabus che ad ogni fermata “carica” invece che gli studenti degli “orchestrali”. E’  un viaggio tra i colli bolognesi di Monzuno e Borgo Colle Ameno di Sasso Marconi, l’ atmosfera è “gitana”, piena di “colore”, sembra quasi un film “passato” girato in bianco e nero…Perché questa scelta? 

"Volevamo creare un'atmosfera divertente per questa nuova vita in arrivo e così abbiamo trovato un vecchio scuolabus su cui i Flexus hanno suonato con la banda di paese, partendo dalle colline bolognesi fino ad arrivare al meraviglioso Borgo di Colle Ameno (Sasso Marconi,Bo). Zingare, maghi, giocolieri, cortigiane, grilli cantanti, direttori d'orchestra, locandieri, tamburini austro-ungarici, contrabbassisti ussari e una intera banda: tutti insieme per dare un benvenuto folle e sorridente a questa nuova vita. Tutto questo lavoro di ideazione e produzione è stato fatto in larga parte da Daniele insieme al regista Enrico Mescoli".

  • Se ci fermiamo a riflettere sul tema di questa canzone si capisce subito che parla di una nascita: ogni futuro genitore immagino “parli” al figlio/a che sta per venire al mondo mentre se lo immagina “fisicamente”…

“Esattamente. “E allora tu” è  una canzone che racconta la vita prima della vita, essendo dedicata ad una bambina che deve ancora nascere. Volevamo inserire alcune suggestioni musicali e visive, evitando certi stereotipi che l’argomento poteva indurre. Ne è nata questa polka elettrificata a metà tra la musica d’autore e Fellini. Ho scritto questa canzone poche ore prima che nascesse mia figlia, è stata una coincidenza. In realtà, per quanto puoi immaginarti “fisicamente” un figlio, quando arriva davvero ti sorprende sempre e tutte le tue aspettative possono essere completamente tradite. La canzone inizia con le parole “Non conosco la tua pelle, neanche i tuoi occhi neri” e chiaramente quando è nata mia figlia aveva due bellissimi fanali azzurri. Ma a quel punto non potevo modificare la canzone, mi piace il fatto che racconti in qualche modo un’aspettativa che poi non è stata rispettata e che in qualche modo ci racconta che alla fine la sua vita, la sua storia sarà sua e non quella che ci aspettiamo.”

  • A quale traccia siete più legati e perché?

“Probabilmente ognuno di noi ha un pezzo a cui è più legato. Personalmente direi “Un attimo”: è una canzone che mi ha accompagnato per tanti anni prima di essere inserita in questo disco. L’ho scritta in una sorta di “incoscienza vigile”, ho lasciato che andasse per la sua strada, che uscisse da sola ed è finita in un territorio dell’anima segreto. Se in “E allora tu” si parla di vita prima della vita, qui forse si parla del dopo ed è un brano che mi ha accompagnato proprio quando ho dovuto staccarmi da una persona molto cara.”

  • Come nascono le vostre canzoni? Per qualcuno esse “nascono da sole, vengono fuori già con le parole…”. Michelangelo diceva che guardando un blocco di marmo vedeva già l’opera che sarebbe uscita e che doveva solo togliere il superfluo per “liberarla”: vi è mai capitato di “ creare” una canzone e di “affermare” che era “già viva” e che aveva solo bisogno di esser “ripulita”?

“E’ una cosa molto personale, non credo che ci siano regole, formule, non ci sono tecniche infallibili. Io penso davvero che a volte chi scrive una canzone non abbia grossi meriti se non quello di riuscire a cogliere qualcosa che altri non sono riusciti. E’ un po’ come se certe idee, anche quelle di una semplice canzone esistessero già da qualche parte, in qualche dimensione misteriosa. E’ assolutamente magica l’alchimia per cui un testo sposa una linea melodica, un’atmosfera musicale, un giro di accordi. A volte puoi provare mille soluzioni diverse ma ti accorgi indistintamente quando trovi quell’incastro giusto, quel punto d’incontro indiscutibile tra testo e musica. Non c’è una spiegazione logica, moltissime altre parole sarebbero potute andare tecnicamente bene, ma senti che quella è vera, credibile. Può capitare che arrivi una canzone già viva, compiuta, che non ha bisogno di particolari ripensamenti, ma personalmente è abbastanza raro. Purtroppo per me arrivare alla conclusione di un brano è sempre un processo lento e anche faticoso.”

  • Siamo quasi alla fine del 2021, la Musica sta iniziando a “rialzarsi” come del resto noi tutti, cosa sperate per il nuovo anno e cosa augurate a questo mondo che “sta provando” ad uscire da una grossa pandemia?

“Noi auguriamo a tutto il settore di ripartire dai concerti. La gente si è un po’ disabituata, i locali sono spesso (giustamente) timorosi. Siamo sempre più pieni di musica ma ascoltata male, spesso solo attraverso i piccoli speaker di un telefono o di un computer, facendo altre cose. Bisognerebbe tornare ad ascoltare musica alla grande, in concerto, con degli impianti decorosi.. lasciarsi coinvolgere dalle frequenze basse, dalle dinamiche, dalle parole dei testi. Tornare ad abituarsi a godere la musica in profondità.”

Flexus E Allora Tu front cover

Vi ringrazio per la disponibilità a nome mio e a nome della redazione di Almax…e che le orchestre tornino a suonare, nelle balere e nei teatri!

CREDITS:

Al  prossimo mese, sempre e solo su Almax Magazine, la vostra Ely.