Sabato 17 aprile ero presente alla manifestazione Bauliinpiazza a Piazza del Popolo a Roma, il flash mob organizzato da APS Bauli in Piazza – We Make Events Italia. Avevo visto e apprezzato molto i video dell'evento già organizzato a Milano e ho aderito volentieri alla manifestazione su invito delle associazioni di categoria di cui faccio parte in quanto attore: Facciamolaconta e U.N.I.T.A. Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo. Nella splendida cornice di Piazza del Popolo, mi sono ritrovato all’interno di una manifestazione che si è contraddistinta per un altissimo senso civile, ordinata, composta e ben organizzata, dove tutto si è svolto in assoluta legalità e sicurezza: distanziamenti, mascherine, igienizzazioni. Mi sono posizionato davanti al baule assegnatomi e ho indossato la maschera neutra di colore nero, simbolo dell’arte dell’attore ma anche, in questo contesto, di un oscuro anonimato nel quale la pandemia costringe tutti i lavoratori dello spettacolo. I silenzi carichi di tensione, e poi i pugni battuti in sincronia perfetta sui mille bauli, simili ad arcaici tamburi, e i giorni di inattività scanditi in coro, mi hanno fatto sentire parte di un grande rito, forte e unitario. Nel profondo della mia anima ho sentito riecheggiare i tamburi che accompagnavano le celebrazioni dei Misteri dionisiaci, a cui si devono le origini del teatro, come se fossi coinvolto nella rappresentazione di un dramma sacro. Era palpabile, nell'aria, una sorta di forza tribale proveniente dal gruppo che, simile a un tìaso al seguito del dio, riceveva energia dal compagno accanto e la donava a chi ne aveva bisogno. Questa è stata la sensazione più sorprendente: sentire la forza possente di una categoria di lavoratori finalmente unita e compatta, una sola voce e un’unica volontà come raramente avviene nel mondo dello spettacolo. È stata una manifestazione forte, dignitosa e bella. E così deve essere perché gli artisti dello spettacolo devono essere portatori di bellezza. Una esperienza unica, irripetibile ed emotivamente difficile da dimenticare. Direi che la manifestazione dei bauliè stata anche una lezione di civiltà e democrazia impartita dai lavoratori dello spettacolo, una protesta di piazza dove le energie sono state canalizzate in senso coreografico e non espresse in modo rabbioso, violento e incivile da parte di chi, costretto alla totale inattività da oltre 400 giorni, avrebbe tutto il diritto di urlare a squarciagola il suo dolore e la sua frustrazione. I lavoratori dello spettacolo, più di ogni altra categoria, hanno, stanno pagando e pagheranno un prezzo altissimo. Io non lavoro da un anno e mezzo e come me molti miei colleghi. Questo è il vero dramma, profano, che abbiamo messo in scena a Piazza del Popolo, e sarebbe un grande peccato perdere migliaia di professionisti,obbligati a cambiare mestiere, senza i quali molti spettacoli non potrebbero più andare inscena.Messaggio della manifestazione dei bauli è stato: “Il governo non ci vede”, così era scritto nello striscione rosso che è passato sulla mia testa. Una drammatica realtà: siamo invisibili.
Non solo per il governo ma per gran parte della società civile. Gli attori non sono solo quelli noti al grande pubblico. Non ci si rende conto che dietro un performer o un protagonista lavorano molti attori comprimari e inoltre: registi, scenografi, costumisti,musicisti, fonici, aiuti, assistenti, elettricisti, macchinisti, falegnami, trasportatori, sarte, trucco, parrucco, runner, addetti alla produzione, direttori di scena, uffici stampa, fotografi, generici, comparse e molti altri, e poi tutto un indotto che coinvolge innumerevoli attività e aziende che sarebbe lungo elencare. Senza queste professionalità, o parte di esse, nessun primo attore potrebbe mai andare in scena. Con l’arte campano – e mangiano – migliaia di lavoratori italiani, a dispetto di chi stupidamente pensa, e dichiara, il contrario. Paradossalmente, abbagliati dalle luci dei riflettori che investono i nomi più popolari dello star system nostrano, si immagina solitamente che chi lavora nello spettacolo sia un privilegiato che naviga nell’oro. Idea malsana che non corrisponde affatto alla realtà. In verità, siamo invisibili anche perché nessuno capisce il nostro lavoro, le sue estreme vulnerabilità e la sua atavica precarietà. Nessuno comprende la nostra particolare scelta di vita che non ha mai dato garanzie di continuità né certezze economiche. Nessuno conosce la grande passione e la ferrea determinazione che esige una simile scelta, e pochisanno di quanta straordinaria capacità di resistere all’incertezza e agli imprevisti generalizzati necessitino i lavoratori dello spettacolo.
Ci vuole una forza immane per andare avanti. A Piazza del Popolo questa forza era palpabile, visibile e udibile. C’è voluta la catastrofe provocata dal Covid e oltre un anno di fermo delle attività produttive e culturali – i 419 giorni gridati e scanditi a suon di pugni sui bauli – per riuscire a parlare dei lavoratori dello spettacolo. 419 giorni che ho visto scorrere davanti imiei occhi sugli schermi di Piazza del Popolo, durante i quali, e mi riferisco al settore prosa e audiovisivo, i teatri e i cinema italiani sono rimasti chiusi e molti festival e rassegne non hanno aperto i battenti. Le compagnie di teatro si sono dovute fermare. Il settore audiovisivo, a detta dei casting, lamenta il fermo di oltre il 50% delle produzioni rispetto al 2019. Il settore più vulnerabile del cinema indipendente è nella catastrofe più totale: molte produzioni sono saltate o slittate a data da destinarsi e ci sono estreme difficoltà a reperire sponsor e finanziamenti. 419 giorni durante i quali quasi tutti gli attori di prosa e moltissimi interpreti dell’audiovisivo non hanno potuto lavorare, tecnici e maestranze comprese.Il Covid ha portato alla luce con drammaticità le storiche debolezze di una categoria che da oltre 60 anni attende di essere riconosciuta e regolamentata. In realtà, i nostri problemi sono precedenti la pandemia ma adesso sono esplosi.Vi sono delle questioni urgenti che andrebbero risolte subito, come quella dell'immediato sostegno economico ai lavoratori dello spettacolo. Anche perché di tutti i ristori e sostegni Covid che sono stati messi in campo, vi sono migliaia di attrici e attori che non hanno visto un solo euro a causa dei parametri di accesso al sussidio d’emergenza che non tiene conto delle peculiari specificità della nostra professione.

Una grande fetta di attrici e attori è rimasta esclusa dai sussidi perché invisibile alle Istituzioni a causa dell’inadeguatezza dei criteri adottati per rintracciarla. Siamo invisibili soprattutto perchénon esiste a tutt’oggi un inquadramento giuridico dello status di attrice/attore che rappresenti un riferimento certo, come esiste in altri paesi, né esiste un registro di chi abbia maturato questo status, che identifichi e renda riconoscibili gli appartenenti a tale categoria professionale. Nessuno sa esattamente quanti siano gli attori professionisti in Italia. Secondo l’INPS oltre 70.000 ma si stima che siano al massimo 10.000 o poco più.Per tentare di risolvere il problema del censimento a tutela della categoria, durante l’emergenza Covid, grazie all'impegno costante dell'attore Raffaele Buranelli e dell'attrice Karin Proia, insieme a moltissimi altri colleghi, è nato il RAAI Registro Attrici Attori Italiani. La necessità del Registro dei professionisti (che non è un albo, quindi non impedisce a chi non vi rientra di lavorare) è di natura sociale, serve a identificare chi fa questo lavoro in forma esclusiva o principale, chi di questo lavoro vive realmente e quindiha bisogno di poter accedere a tutele e ammortizzatori sociali, così come tutte le altre professioni: pensione, maternità, disoccupazione, malattia, che però siano tarati sulle reali dinamiche professionali degli attori e non, come oggi, sulle medie degli altri lavoratori dello spettacolo che hanno dinamiche contributive molto diverse. I problemi dellavoro artistico sono troppi per poterli elencare tutti in questo articolo. Ci sarebbe bisogno di una seria riforma del FUS – Fondo Unico per lo Spettacolo; c'è il problema della perdita di oltre un anno di contribuzione pensionistica a cui lo stato dovrebbe porrerimedio, oltre al fatto che per poter andare in pensione vengono richiesti 120 giorni l'anno di contribuzione ma pochi sanno che è molto difficile raggiungere quel numero di contributi. Le tournée teatrali non durano più mesi e mesi come negli anni 80 o 90, non hanno più carattere continuativo e sono molto frammentate. Un protagonista dell’audiovisivo farà 20 o anche 15 giornate lavorative e contributive a film, e tutti i comprimari 10, 5 o solo 2 giornate, senza che vengano riconosciute le giornate di prova costumi, prova trucco, prove col regista, doppiaggio, promozione. La creazione del registro è per noi attori un obiettivo fondamentale e importantissimo.
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Michele D'Anca
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