FEBBRAIO 2021 "LA MOSTRA DI MONET" PALAZZO ALBERGATI IN BOLOGNA

Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi” a Palazzo Albergati di Bologna ...21febbraio 2021.

Amici di Almax per questo mese ho voluto raccontarvi qualcosa di diverso rispetto alle interviste ai cantanti, ho voluto portare un po' di cultura tra queste pagine...dopotutto nella mia presentazione vi avevo "anticipato" che nel "mondo di Elisa" c'era spazio non solo per la musica ma anche per il teatro e per l'arte... Oggi vorrei iniziare col dirvi che ci son quadri che fanno parte di noi, tanto son diventati famosi anche  grazie alle riproduzioni che possiamo trovare ovunque... Quadri che sono  diventati "immortali" così come i nomi degli artisti che li hanno dipinti… Questo è il "potere" dell'arte...come una bella musica che prende vita da uno spartito così per es una tela si anima e vive... È il caso di alcuni dipinti che ho visto durante la visita alla mostra Monet e gli Impressionisti vista a Bologna, presso Palazzo Albergati... Mostra che pensavo di non riuscire a visitare più visto il periodo che stiamo vivendo... Mostra che è rimasta più chiusa che aperta causa Covid... La maggior parte delle tele esposte era del pittore francese Monet, ma vi erano anche opere di altri impressionisti come Renoir, Morisot, Sisley.

Passando tra la prima e la seconda sala ci troviamo a passare sotto e in mezzo ad immagini di dipinti di Monet proiettate quasi fosse una sorta di “passaggio”... Come se lo spettatore facendo questo “percorso” entrasse dentro i quadri attraverso un “portale”.

E forse gli organizzatori della mostra hanno preso spunto da questa frase di Renoir (che hanno anche scritto su di una parete): “Quando si tratta di un paesaggio, amo quei quadri che mi fanno venir voglia di entrarci per andarvi a spasso.” Amici di Almax, a girare tra le sale, in mezzo a quei quadri per via delle misure anti Covid che non permettevano a più di 7 persone di stare nella stessa sala, sembrava davvero di entrare nei dipinti, potevi “gustarli” pienamente perché non c’era troppa gente... Con l’immaginazione potevi prendere il treno “fumante” alla stazione, passeggiare fra i campi, affacciarti dal “ponte giapponese” per ammirare le ninfee e gli altri fiori di Monet a Giverny, giardino che lui stesso definì “l’opera d’arte più bella che io abbia creato”.

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A  Giverny Monet deviò il corso del fiumicello Epte per ricrerare nel suo giardino una vasca fiorita di ninfee.

Dal 1904 al 1908 dipinse 48 opere con questi soggetti. Monet avrebbe voluto che le sue Ninfee procurassero allo spettatore “l’illusione di un tutto senza fine ove i nervi sfiniti del lavoro si sarebbero distesi secondo l’esempio di quelle acque stagnanti”.  Nelle Ninfee troviamo la “fusione” di pittura e natura.

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Claude Monet (1840-1926) Ninfee, 1916-1919 circa Olio su tela, 200x180 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images.
 

Il senso reale e ultimo della pittura “en plein air”, che Monet aveva praticato per tutta la vita, trova la sua piena realizzazione e il suo culmine ideale nella scelta di dipingere l’opera che lui stesso ha “creato”,i l giardino di Giverny. “Sono estasiato, Giverny è un posto splendido per me” così scrisse Claude Monet nel 1883, fu quindi quasi un “ritorno alla vita”.

Marcel Proust nel 1907 definì il giardino di Giverny con queste parole:  ”Non l’antico jardin fleuriste, ma un jardin coloriste, se così si può dire, a proposito di fiori disposti in un insieme che non è quello della natura […] vera trasposizione d’arte più ancora che modello di quadri, quadro già eseguito dalla natura, che si illumina sotto lo sguardo di un grande pittore”.

Per Monet “quel giardino” divenne un’ossessione così come il dipingere le “sue”ninfee…

Le ultime tele del pittore francese aprono la strada all’astrazione poiché le forme dei fiori sembrano diffondersi nelle variazioni cromatiche infinite.

C’è una frase di Cézanne che forse riassume e coglie il vero spirito di Monet “Monet, non è che un occhio, ma che occhio!”.

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Berthe Morisot (1841-1895)Berthe Morisot (1841-1895)Donna con ventaglio o Il ballo, 1875Olio su tela, 62x52 cmParigi, Musée Marmottan Monet, donoEugène e Victorine Donop de Monchy,1940© Musée Marmottan Monet, Paris /Bridgeman Images.

Come anticipato principalmente Monet, ma anche Manet, Renoir, Degas, Corot, Sisley, Caillebotte, Morisot, Boudin, Pissarro e Signac saranno gli indiscussi protagonisti della mostra Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi: un’occasione irripetibile per ripercorrere l’evoluzione del movimento pittorico più amato a livello globale.

Un percorso espositivo che vedrà primeggiare - accanto a capolavori cardine dell’impressionismo francese come Ritratto di Madame Ducros (1858) di Degas, 

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Ritratto di Julie Manet (1894) di Renoir e Ninfee (1916-1919 ca.) di Monet - opere inedite per il grande pubblico perché mai uscite dal Musée Marmottan Monet.

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Claude Monet (1840-1926)Claude Monet (1840-1926)Ninfee, 1916-1919 circaOlio su tela, 150x197 cmParigi, Musée Marmottan Monet, lascito MichelMonet, 1966© Musée Marmottan Monet, Paris / BridgemanImages.

È il caso di Ritratto di Berthe Morisot distesa (1873) di Édouard Manet, Il ponte dell’Europa, Stazione Saint Lazare (1877) di Claude Monet e

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Claude Monet (1840-1926)Claude Monet (1840-1926)Il ponte dell’Europa, Stazione Saint-Lazare, 1877Olio su tela, 65x81 cmParigi, Musée Marmottan Monet, donoEugène e Victorine Donop de Monchy,1940© Musée Marmottan Monet, Paris /Bridgeman Images.

Fanciulla seduta con cappello bianco (1884) di Pierre Auguste Renoir.

Pierre Auguste Renoir Seated Young Girl in a White Hat 1884 pastel on paper MeisterDrucke 224460

Pierre Auguste Renoir (1841-1919)Pierre Auguste Renoir (1841-1919)Fanciulla seduta con cappello bianco, 1884Pastello su carta, 62x47 cmParigi, Musée Marmottan Monet, dono NellySergeant-Duhem, 1985© Musée Marmottan Monet, Paris / BridgemanImages.

La mostra Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi aveva il patrocinio della Regione Emilia Romagna e del Comune di Bologna, è stata prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi e curata da Marianne Mathieu, Direttore scientifico del Museo.

L’evento è stato consigliato da Sky Arte.

LA MOSTRA PRIMA SEZIONE - Claude Monet: l’origine delle collezioni del Musée Marmottan Monet

La residenza in cui Paul Marmottan conservava le sue collezioni, nel 16° arrondissement di Parigi, fu aperta al pubblico nel 1934 e negli anni novanta ha preso il nome di Musée Marmottan Monet. L’aggiunta del nome del grande maestro rispecchia l’arricchimento del museo, che oggi possiede la più vasta collezione di Monet al mondo.

Questa raccolta eccezionale fu creata nel 1940 grazie in parte alla donazione di Victorine Donop de Monchy, il cui ritratto eseguito da Renoir (Ritratto di Victorine de Bellio, 1892) è esposto in mostra. Mostra che si apre proprio con due dei capolavori di Monet donati da Victorine al museo: Il Ponte dellEuropa, Stazione Saint Lazare (1877) e Il treno nella neve. La locomotiva (1875).

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Claude Monet (1840-1926)Claude Monet (1840-1926)Il treno nella neve. La locomotiva, 1875Olio su tela, 59x78 cmParigi, Musée Marmottan Monet, donoEugène e Victorine Donop de Monchy,1940© Musée Marmottan Monet, Paris /Bridgeman Images.

Successivamente, nel 1966, Michel Monet, figlio di Claude e ultimo discendente, nomina il Musée Marmottan erede universale dell’artista, rendendolo così il custode della più grande collezione al mondo di opere di Monet.

Michel dona un centinaio di tele del padre, i cui pezzi più belli costituiscono il cuore della mostra e un busto di Monet eseguito da Paul Paulin, unica scultura in mostra.

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Paul Paulin (1852-1937)Paul Paulin (1852-1937)Claude Monet, 1910Gesso, 59x41x33 cmParigi, Musée Marmottan Monet, lascitoMichel Monet, 1966© Christian Baraja SLB.

SECONDA SEZIONE - Berthe Morisot al Musée Marmottan Monet

Già negli anni novanta, il Musée Marmottan Monet ospitava la prima collezione al mondo di opere di Berthe Morisot.

Le opere furono offerte al Museo dai discendenti della figlia di Berthe e Ėugene Manet (fratello di Ėdouard), Julie Manet: questa sezione accoglie il suo ritratto, eseguito da Pierre-Auguste Renoir nel 1894 (Ritratto di Julie Manet) quando la fanciulla aveva sedici anni.

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Pierre Auguste Renoir (1841 - 1919), Ritratto di Julie Manet, 1894, Olio su tela, 55 x 46 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet, Lascito Annie Rouart, 1993 | © Christian Baraja SLB.

Oltre ai capolavori di Berthe Morisot, il lascito di Annie Rouart (nuora di Julie) comprende le opere di maestri e amici di famiglia come Camille Corot, Édouard Manet e gli altri colleghi impressionisti i cui capolavori presenti in mostra sono la testimonianza dei primi passi del movimento.

In questa sezione l’opera Giove e Antiope (1856) di Manet (ispirato all’omonimo dipinto di Tiziano) evoca l’incontro di Berthe Morisot con Claude Monet avvenuto nel 1868 al Louvre mentre i due copiavano i capolavori del museo.

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Accanto il Ritratto di Berthe Morisot distesa (1876) a prova della sua attività di modella: posò infatti per Manet fino al 1874, anno del suo matrimonio con Eugène.

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Édouard Manet (1832-1883) Ritratto di Berthe Morisot distesa, 1873 Olio su tela, 26x34 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Annie Rouart, 1993 © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images.

Mai finora il Musée Marmottan Monet si era privato della tela per darla in prestito e quindi è stato un “privilegio” vederla nelle sale di Palazzo Albergati.

Questo che vediamo è il frammento di un quadro più grande in cui la donna era sdraiata sul divano e che poi è ridotto dal pittore al solo busto in primo piano.

TERZA SEZIONE - Dipingere en plein air

Qual è stato il contributo degli impressionisti alla storia dell’arte? In cosa si differenziano dai loro predecessori? Quale novità comunicano alle generazioni a venire?

Essere impressionista significa soprattutto dipingere dal vero, uscire dallo studio e lavorare all’aperto, en plein air. Un simile approccio porta con sé numerose conseguenze.

L’impressionista dipinge ciò che vede. Così facendo si allontana volutamente dalla tradizione della pittura religiosa e mitologica e dalle sue scene edificanti e idealizzate. Dipingere dal vero comporta anche dover portare con sé l’attrezzatura: cavalletto, tavolozza, tubetti di colore e tela. L’artista predilige quindi i piccoli formati, facilmente trasportabili. Inoltre dipinge più velocemente, perché le sue ore di lavoro sono limitate, quindi l’esecuzione dell’opera è piuttosto rapida. Infine, non meno importante, l’impressionista lavora alla luce del giorno e i colori della sua tavolozza riflettono questo aspetto. Egli abbandona le tinte scure e cupe dei predecessori e adotta i colori chiari.

In questa sezione opere come Paesaggio di Cagnes-sur-Mer (1905) di Renoir, Estate di San Martino, dintorni di Moret-sur-Loing (1891) di Sisley, Boulevard esterni, effetto di neve (1879) di Pisarro testimoniano il contributo degli impressionisti alla storia dell’arte e le novità trasmesse alle generazioni a venire.

QUARTA SEZIONE - La pittura di figura

Per mettere in ridicolo la fattura libera e veloce dei dipinti di Monet e dei suoi amici, nel 1874 il critico Louis Leroy coniò il termine “impressionista”, ispirandosi al celebre dipinto di Monet Impression, soleil levant (Parigi, Musée Marmottan Monet).

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Dediti allo studio degli effetti atmosferici sui soggetti e sul paesaggio, gli impressionisti venivano regolarmente criticati da coloro che li accusavano di non saper disegnare. Ma non è così, e lo si comprende bene quando si osservano i loro dipinti con figure come il Ritratto di Henri Rouart (1871) e il Ritratto di Madame Ducros (1858), entrambi di Degas.

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Renoir, Morisot e Degas consideravano il disegno la vera essenza della loro pratica artistica: è la linea a dar vita al soggetto in tutta la sua complessità.

Essere impressionisti significa anche raffigurare la società così com'è, dipingere il ritratto della “vita moderna”, come la chiamò Baudelaire.

QUINTA SEZIONE - Monet: da Argenteuil a Giverny

Nato nel 1840 e morto nel 1926, Monet trascorse la sua intera esistenza immerso nella natura, che era per lui una fonte inesauribile di ispirazione. Nei primi anni della carriera piazzò il cavalletto ad Argenteuil nei dintorni di Parigi o in Normandia, dove era cresciuto, e fece numerosi viaggi in giro per l’Europa e in Olanda. Quando si stabilì a Giverny, il suo giardino divenne l’unico soggetto dei suoi dipinti.

Monet va dunque visto come il maestro che, al pari di un cartografo, descrive la Francia e l’Europa, la vita urbana e quella rurale? No. Innanzitutto egli intende descrivere la luce e lo spazio: la luce brillante di una giornata di primavera ad Argenteuil (Passeggiata ad Argenteuil, 1875), l'atmosfera piovosa di un mare in tempesta a Fécamp (Il mare a Fécamp, 1881) o i riflessi del fogliame sullo stagno di Giverny (Lo stagno delle ninfee, 1917-1919 e 1918-1919). Se la coerenza di un simile approccio è innegabile, non esclude tuttavia l’evoluzione.

Quando era un giovane impressionista, Monet si dedicava alla pittura da cavalletto ritraendo paesaggi panoramici – ne sono un esempio le vedute di Port-Villez (La Senna a Port-Villez, effetto di sera, 1894). Ma nel giardino di Giverny affronta il soggetto da un'angolazione opposta. Ritrarre la fragilità di un fiore sull'immensità di una tela gli permette di raffigurare uno spazio che sembra sterminato, in cui si incontrano l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, il micro e il macrocosmo (Iris, 1924-25 circa).

Passeggiata ad Argenteuil è un quadro di sessanta per ottanta centimetri: nelle sale del palazzo  lo si ammira, quasi isolato, perfetta per l’atmosfera del dipinto che ritrae la prima moglie dell’artista con il figlio Jean e un uomo mai identificato. Siamo non troppo lontani da Parigi: qui Monet piazzò per la prima volta il cavalletto fuori dallo studio.

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Claude Monet (1840-1926)Claude Monet (1840-1926)Passeggiata ad Argenteuil, 1875Olio su tela, 61x81,4 cmParigi, Musée Marmottan Monet, dono NellySergeant-Duhem, 1985© Musée Marmottan Monet, Paris / BridgemanImages.

Ad Argenteuil la primavera lo “colpisce” e lo “affascina”: i personaggi diventano parte del paesaggio, i fiori di campo (rosa, viola, rossi, azzurri e gialli) si prendono la scena e cominciano a diventare un’ossessione. La tavolozza è chiara, non vediamo i volti umani perché è la natura, anzi l’atmosfera, ciò che più importa. La pennellata veloce, i parasole aperti e un cielo infarcito di nuvole dicono ai nostri sensi che il vento accompagna la giornata. Sembra di sentire il profumo del campo.

SESTA SEZIONE - Da Monet a Signac:

I dipinti di grandi dimensioni di Monet – primo fra tutti la sua ultima opera Le rose del 1925-26 (ultimo quadro dipinto prima che si spegnesse) – non furono mai stati esposti dall’artista in vita.

Glicini (1919-1920) e Il ponte giapponese (1918) erano conservati nel suo salon-atelier e nel suo studio, mentre in camera da letto teneva le opere di cui amava circondarsi, ovvero quelle eseguite dai suoi amici.

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Claude Monet, Il ponte giapponese, 1918 19 Parigi, Musée Marmottan Monet © Musée Marmottan Monet, paris c Bridgeman Giraudon presse

E non si limitava ai dipinti dei colleghi: infatti acquistò anche alcune tele del neoimpressionista Paul Signac dal mercante d’arte Bernheim-Jeune mentre altre gli furono donate dallo stesso Signac in occasione di una visita – quasi un pellegrinaggio – a Giverny.

L’approccio dei due artisti è diverso, uno è più istintivo (impressionista), l'altro è metodico e scientifico (neoimpressionista), eppure condividono un obiettivo comune: esaltare la luce e il colore.

Amici di Almax vi lascio con la dichiarazione che Marianne Mathieu, direttore scientifico del Musée Marmottan Monet di Parigi ha rilasciato alla stampa: “Attraverso i 57 capolavori dal Musée Marmottan Monet, Monet e gli Impressionisti ripercorre l’evoluzione del movimento ottocentesco e, parallelamente, rende omaggio a tutti quei collezionisti e benefattori (tra i quali molti discendenti e amici degli stessi artisti in mostra) che, a partire dal 1932, hanno contribuito ad arricchire la prestigiosa collezione del museo parigino rendendola una tra le più ricche e più importanti nella conservazione della memoria impressionista.

È la prima volta dal 1934, anno della sua fondazione, che il museo parigino concede in prestito questi capolavori, alcuni mai esposti altrove nel mondo: si tratta dunque di un’occasione unica e irripetibile per ripercorrere il movimento pittorico dell’Impressionismo.”

 Al prossimo mese, la vostra Ely…spero di avervi tramesso la voglia di entrare in un museo o in una galleria d’arte e osservare con gli occhi (ma non solo!) le opere che l’Italia custodisce… siam “fortunati” poiché la nostra terra è ricca di storia e di arte… io ho avuto la fortuna di “respirare” arte con i miei zii che avevano una galleria d’arte quando erano in vita e forse proprio per questo “legame” sento particolarmente il desiderio di vedere opere di grandi artisti; è come quando sento la musica che sia classica o moderna che le mie”corde” vibrano ad una frequenza diversa visto che mi son seduta al pianoforte che nemmeno camminavo…